C’era da aspettarselo, d’altra parte sarebbe stato folle pensare di uscirne con le idee chiare. Eppure pensavamo di essere un po’ preparate. Pensavamo, appunto.
Domenica 30 Novembre, formazione circoscrizionale con il coordinamento Lgbti a Verona.
Una giornata molto intensa, piena di ragionamenti.
Torni a casa ed hai in testa solo il sillogismo aristotelico. Cerchi di scavare nella memoria e poi ti aiuti cercando una definizione:
Sillogismo è un termine filosofico con cui Aristotele designò la forma fondamentale di argomentazione logica, costituita da tre proposizioni dichiarative connesse in modo tale che dalle prime due, assunte come premesse, si possa dedurre una conclusione.
Hai gli appunti nella mano destra e il sillogismo nella mano sinistra per cercare di interpretare tutte le storie che ti hanno raccontato Amalia Macrì, Marco Tirozzi (coordinamento Lgbti di Amnesty Italia) e Laurella Arietti, attivista del movimento transessuale italiano e fondatrice sportello SAT (Sportello Accoglienza Trans).
Continui a ripetere nella tua testa le stesse domande:
Quanto le classificazioni in due generi possano rispecchiare così poco la realtà ed essere così irrispettose della varietà del genere umano?
Perché la vigente legge italiana permette a una persona transessuale di avere un documento che rispecchi la sua identità a patto che si sottoponga ad un’operazione chirurgica?
E perché se decido che voglio un corpo in linea con la mia identità sessuale devo farmi fare una diagnosi di disforia di genere?
Perché l’omosessualità è ancora considerata una malattia?
Perché le società hanno dimenticato di avere a che fare con le persone?
E poi il perché che segue un’affermazione che ha la forza di un paradosso, quando Laurella dice: “la cultura transessuale deve essere cambiata”.
Ma perché ?
Laurella fornisce una spiegazione con la lucidità e la calma di chi conosce profondamente queste dinamiche, probabilmente per la sua storia, probabilmente per tutte quelle che le hanno raccontato.
Allo stato attuale la cultura transessuale rappresenta la cartina al tornasole di una tendenza di analisi che si serve di canoni imposti da un’altra cultura che però non riconosce il transessualismo, e quindi non lo legittima.
Allora torni indietro col pensiero, ti ricordi del sillogismo e cerchi di applicarne una forma rudimentale per cercare di comprendere le sfumature del discorso. Qualcosa hai perso, questo è certo.
Allora: il transessualismo non esiste, perché io non lo legittimo, però per “normalizzarlo” (certo non per comprenderlo) applico degli stereotipi di genere (quelli che solitamente applico al genere istituzionale a cui queste persone penso si avvicinino), che mi aiutano a decodificare un fenomeno che però per me sostanzialmente non esiste (Aristotele, ti prego dacci una mano!).
Che conseguenza ha questa dinamica? Che io riconosco me stesso e il mio mondo solo attraverso uno strumento imposto da una cultura che non mi riconosce.
Praticamente un controsenso.
Amalia però poi chiude il cerchio affermando che le varianti naturali del comportamento umano, non sono una malattia, quindi non sono curabili. Semplicemente perché non c’è nulla da curare.
Guardi tutti i punti interrogativi che hai segnato sui tuoi appunti, dai la buonanotte ad Aristotele e capisci quanto sia importante il dubbio. Il dubbio rappresenta la base della conoscenza, dal dubbio nasce il rifiuto di regole preordinate. È dal dubbio che deve partire il nostro lavoro di cambiamento del tessuto sociale.
Grazie Amalia, grazie Marco, grazie Laurella per avercelo regalato.
Per approfondimenti:
Francesca Postiglione
Gruppo 150 Amnesty International